Tutti i designer dovrebbero copiare Uber.

Fabio Staiano
4 min readSep 29, 2020

N.B. L’articolo tratta genericamente di Designer, riferendosi però all’ambito digital e, nello specifico, al design di interfacce.

Al giorno d’oggi, ci sono più Designer che edicolanti. Questa professione è divenuta così sdoganata e alla mercé di tutti che, lo ammetto, tento spesso di divincolarmene per non finire nel mucchio, di reinventarmi con specializzazioni inedite e più tecniche, di offrire un quid in più.

Troppo spesso vedo Designer che dimenticano quale sia la definizione di design, confondendola con la “grafica”. Rileggiamola insieme:

Design — ideazione e progettazione di oggetti d’uso secondo forme esteticamente valide in rapporto alla funzionalità dell’oggetto.

La funzionalità, questa sconosciuta. L’esperienza utente, la famosa sigla UX che spesso viene affianca a UI senza troppa cognizione di causa. Ma è stato davvero affrontato uno studio dell’esperienza utente, o a muovere le redini del progetto è stato solo il personalissimo gusto estetico?

In tal caso, niente di più errato. Se in due progetti appartenenti ad ambiti differenti riesci a individuare la mano, la cifra stilistica del designer, vuol dire che il lavoro non è stato realizzato in maniera opportuna.

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Come posso aiutare l’utente?

Questa è la domanda che deve restare impressa nella mente del Designer durante l’intero processo creativo. Prima ancora di pensare all’abbinamento colori, alla scelta tipografica; dettagli comunque assai rilevanti ma, per definizione stessa, dettagli.

Cosa chiede l’utente all’interfaccia? Quale informazione si aspetta di ricevere? Quale azione mi aspetto — e voglio — che egli compia?

Studiare la UX consiste nel porsi queste e tante altre domande. E no, non è una professione a sé. In alcune grandi realtà certamente vi sono reparti dedicati alla sola esperienza utente, ma consistono grosso modo nella raccolta di dati analitici dell’utenza e di A/B testing, e non fanno altro che semplificare la vita del Designer fornendo dettagli assai più specifici.

Photo by Priscilla Du Preez on Unsplash

Il successo di Uber

Se dovessi scegliere una grande azienda che ha incentrato il proprio core business sul problem solving, direi senza dubbio Uber. L’incredibile successo è dovuto proprio al fatto che siano riusciti a risolvere con un’app un “problema” della quotidianità.

Le persone odiano la socialità forzata. Se voglio spostarmi in città, non voglio esser costretto a chiamare qualcuno, spiegare dove mi trovo, dire dove vado, ma preferisco di gran lunga fare un singolo tap sul telefono per richiedere una macchina che, senza ulteriori precisazioni al driver, saprà già dove trovarmi e dove accompagnarmi.

Cos’altro odiano tutti? Non sapere a monte quanto si andrà a pagare per un servizio. Un po’ come quando vai in un ristorante e accanto alle pietanze non sono riportati i prezzi. Odioso, no? E così, Uber risolve anche questo problema, stimando a monte quanto pagherai la corsa.

Ah, e vi è mai capitato di voler pagare con carta ma l’attività non disponeva di POS? Con Uber, paghi dall’app.

L’interfaccia di Uber, nonostante tutte le funzionalità, è semplice e immediata. La apri, c’è direttamente la mappa, vedi già le auto disponibili in tempo reale. C’è un unico grande call-to-action per prenotare la corsa. Dovrò solo inserire la destinazione et voilà.

Non dovrò fare più nulla ma, in compenso, mi fornisce ulteriori dettagli che posso leggere così come posso ignorare, quali nome e foto dell’autista, recensioni, tempi stimati. Non mi obbliga più a guardare lo schermo con attenzione, ma è consolante che sia tutto lì, a portata di smartphone.

Uber app interface

Sulla scia dei taxi

La formula User Centered funziona, lo abbiamo visto. Uber lo ha visto. E così, con una rete di servizi già predisposta e un investimento non paragonabile al precedente, nasce Uber Eats.

Anche qui, l’obiettivo dell’app è sgravare il cliente dal contatto sociale forzato, dal dover chiamare la pizzeria / paninoteca di fiducia, con la possibilità persino di evitare l’incontro con il fattorino, chiedendo che il tutto sia lasciato fuori la porta, o in ascensore.

Ma c’è di più. Possiamo seguire il nostro cibo. Lo vedi, è lì, sulla mappa. Sai tra quanto si mangia, precisamente. E, di nuovo, non sei costretto a chiamare il locale per sollecitare il tuo ordine. Manca qualcosa alla consegna? Ci pensa Uber, ovviamente.

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La grande verità finale

Le app non hanno successo perché sono belle. Certo, un’interfaccia utente piacevole e intuitiva aiuta, anche molto, ma se alla base manca uno studio attento dell’esperienza utente, ogni sforzo sarà vano.

Pensate al telecomando di una tv, ultra bello, minimale, realizzato con materiali di primissima qualità, ma poi non ha i tasti volume. L’utente apprezzerà?

Le interfacce dovrebbero risolvere problemi, non crearli.

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Fabio Staiano

I’m a designer, but also into code. Figma Community Advocate. Teacher.